Newsletter Firenze Capitale: n. 1 - Firenze sotterranea |
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Confesso che sono emozionato nell'iniziare a scrivere questa newsletter.
Ti ringrazio per l’iscrizione. Siete già in molti; spero di essere all'altezza delle aspettative e della fiducia che mi è stata concessa. Dovrò prendere le misure, magari mi ci vorrà un po' di tempo. Segnalami se ti pare che scriva testi troppo lunghi, o troppo corti, o se pensi che in qualcosa possa migliorare. Conto sul tuo aiuto per crescere.
Ma ora bando ai sentimentalismi. Sei qui per leggere della Firenze dell'Ottocento, quindi cominciamo!
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"Presso al Ghetto, nel vicolo del Fuoco, vi è un casone, composto da due immense stamberghe. Lì stanno insieme un trentadue famiglie, che vivono all'animalesca. È questo il ricettacolo di ladroncelli di notte, che esercitano un solo genere di furti. Portano una corda attortigliata al braccio, da un'estremità la tengono ferma alla mano, dall'altra pende un grosso gancio. Con mirabil destrezza lancian le cordicelle, come un laccio, alle finestre ove di notte sono lasciati i panni ad asciugare in certe piccole strade, tirano a sè la roba e fuggono.
Tra costoro vi è un ragazzetto mingherlino, svelto, che adoperano per farlo passare da' più piccoli pertugi nelle case: e aprire loro le porte. Ha quattordici anni ed egli pure va già onusto di diciassette condanne.
Per tutto trovate il bambino in questi luoghi di contaminazione: il bambino, che nasce malato per l'umidità, la insalubrità della stanza in cui può dire di non vedere mai la luce: che nasce per essere corrotto, tradito, venduto, se appartiene a un certo sesso: che è destinato a non essere mai innocente: a avere per genitori dei mostri, che voglio vivere ad ogni patto del suo disonore."
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Inizierò parlandoti dell'ultimo libro che ho letto: Firenze sotterranea di Jarro (Giulio Piccini). Si tratta di una edizione anastatica, pubblicata da Editoriale Le Lettere nel 2017, che riproduce la IV edizione del 1900, edita da R. Bemporad & Figlio. La prima edizione era stata pubblicata nel 1884, dopo essere uscita come serie di articoli su La Nazione. L'opera racconta le infami condizioni di vita degli abitanti del ghetto, dove prosperano i malviventi.
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Sinceramente non so se consiglierei a tutti di leggere quest'opera. Un appassionato di quel periodo storico ci può trovare una miriade di interessanti informazioni, ma il modo di scrivere di Piccini è parecchio retorico e invita spesso a saltare qualche suo pistolotto.
Senza andare sui grandi della letteratura ottocentesca e rimanendo dalle parti di Firenze Capitale, si incontrano altri scrittori che hanno stili molto più piacevoli e divertenti da leggere, quali Ugo Pesci, Carlo Lorenzini (Collodi), Guido Nobili, Giuseppe Conti, Guido Carocci. Qualche dubbio, invece, mi lascia Pietro Coccoluto Ferrigni (Yorick), giornalista certo dotato di ironia, ma che spesso si attarda in descrizioni un po' involute. Comunque, di tutti loro avrò modo di parlarne in futuro. Jarro è stato accusato di aver adottato toni fortemente sensazionalistici nel descrivere le condizioni di estremo squallore in cui vivevano gli abitanti del ghetto e delle zone più degradate di Firenze. Lui, nelle varie prefazioni alle molte edizioni dell'opera contesta queste accuse e si vanta di aver contribuito ad ottenere quello che considera un meritevole risultato: la distruzione del ghetto e della zona degradata attorno al Mercato Vecchio. In questa maniera, si sarebbe ottenuta la dispersione di una gran concentrazione di delinquenti che col loro esempio trascinavano verso il peccato e l'immoralità tutti i fanciulli e le fanciulle che avevano la sventurata sorte di nascere in quei luoghi.
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"Noi scrivemmo questo libro con l'animo trepidante; dopo aver vissuto, per mesi e mesi tra i più infelici, i più derelitti, e diciamo pure, i più colpevoli. Ma trovammo sempre alla colpa, all'abbrutimento di certi uomini, di certe classi queste cause: la miseria, l'ignoranza, l'abbandono, la mancanza di simpatia, di bontà di preveggenza in coloro che si improvvisano e si dichiarano tutori del consorzio civile."
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Piccini, quindi, riconosce che è la struttura della società a spingere i più miseri verso la delinquenza, la prostituzione, i contrasti sociali.
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"Chi soffre oggi e s'agita e si ribella – e i nostri occhi ne videro più volte le cause ineffabili, velati di lacrime – non prepara una rivoluzione, prepara una liberazione!"
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La soluzione da lui caldeggiata passa attraverso la drastica eliminazione dei luoghi fatiscenti e privi d'aria e di igiene dove vivono i poveri, la costruzione di dormitori pubblici in cui ospitare temporaneamente le persone uscite di galera, indirizzandole così verso un reinserimento nel mondo lavorativo, e soprattutto, la carità pubblica e la costruzione di case popolari.
Dato atto delle motivazioni che possono aver spinto Jarro a scrivere la Firenze sotterranea, segnalo che l’opera si inserisce nell'ampio filone aperto dal grandissimo successo de I misteri di Parigi di Eugènie Sue pubblicato dal 19 giugno 1842 in appendice al Journal des Débats. Il feuilleton di Sue, che narrava la vita nei bassifondi parigini, giunse a svolgersi in 147 appendici e originò una lunga serie di "Misteri" ambientati nelle più varie città. Tra questi, troviamo due I misteri di Firenze, il primo pubblicato da Lorenzini nel 1854, il secondo da Egisto Maccanti nel 1884, con parte della vicenda che si svolge al tempo di Firenze Capitale.
Cosa si apprende leggendo Firenze Sotterranea di Jarro? Innanzi tutto, che le zone più degradate di Firenze non erano solo quella del Ghetto, ma anche d'Oltrarno, alla Sacra, a Malborghetto, alle vie del Campuccio e del Leone, alle mura di San Rocco. Siamo nella zona di San Frediano. È lì che si rifugeranno molti degli abitanti del centro, cacciati dalle loro abitazioni per consentire il “risanamento”.
Per alcune famiglie quello fu l’approdo finale di un travagliato percorso, dato che pochi anni prima, negli anni di Firenze Capitale, erano già state forzate a trasferirsi nel Ghetto a causa degli aumenti dei prezzi degli affitti e della distruzione della malfamata zona dei Camaldoli di San Lorenzo, effettuata per consentire la costruzione del Mercato di San Lorenzo, avvenuta tra il 1870 e il 1874.
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"C'è di là d'Arno un quartiere dove i regolamenti municipali sono lettera morta (non dite che i primi a trasgredirle son per tutto i consiglieri e le stesse guardie municipali) un quartiere, dove la polizia non va, a fare certe operazioni, se non a squadre di dodici o quattordici uomini; un quartiere, dove il minimo subbuglio può tirare sulle strade, accalcare insieme a un tratto centinaia di uomini e donne furenti!
Vi dico che c'è un gruppo di strade segregate, che non servono come arterie di circolazione, ma sono tutte chiuse in sé e vi pullulano i ladri, i manutengoli: vi brulica la marmaglia, la bordaglia, la schiuma, il marame della popolazione, insieme accozzato. Se vi dico che fra questa bruzzaglia ci sono pure centinaia di poverissimi mestieranti, gente che si serba incontaminata al contatto più pestilenziale; se vi conduco nel quartiere che è ha un limite estremo, e al limite più appartato di Firenze, alla Sagra, a Malborghetto, alle vie del Campuccio e del Leone: se vi conduco per quelle strade che non hanno sbocco, dove infuriano, si scatenano le malattie, le miserie, i delitti, voi crederete che a me talenti l'andare immaginando cose orride e colorirle con la fantasia. Ma no, vi racconto cose che a me stesso non sarebbero parse credibili, se non le avessi vedute! Vi dico che bisogna estirpare un'ulcera, la quale contamina la pura e serena bellezza di Firenze. E ci vuole ferro, ci vuole fuoco! Date aria, date luce: in Firenze ci sono migliaia di persone, che vivono fuori della stesse condizioni della vita, senz'aria salubre, in covigli da disgradar quelli delle bestie: ci sono torme di gente, che non ben si ravvisa se siano uomini o bestie. Date aria, date luce! Il che vuol dire: date salute, moralità. Singolare condizione! Firenze vede trascurata, negletta, come se non esistesse, la sua questione più vitale."
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A questo punto dovrei entrare nel dettaglio, riportando una serie di quadretti e aneddoti narrati da Jarro: di come veniva chiamata la polizia nel gergo dei malviventi, delle frasi in codice che venivano urlate per segnalare che i birri stavano arrivando ("c’è le pere cotte!"), dell'illecito commercio dei buoni che la Misericordia dava ai malati dell'ospedale, delle donne che baciavano la foto di un venditore di arance credendo fosse l'immagine di Sant'Antonio, della scuola di ladri, con tanto di esami.
Lo vorrei fare ma mi sa che ho già scritto troppo. Perdonami, mi sono lasciato un po' andare. Proseguirò nel secondo numero della Newsletter. Spero che questo ti sia piaciuto.
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Aggiornamenti della pagina Facebook di Firenze Capitale
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Nell'ultimo post pubblicato sulla mia pagina ha ricordato che durante il periodo di Firenze Capitale le arcate del Corridoio Vasariano erano tamponate e trasformate in botteghe. L'aspetto attuale fu ripristinato negli anni Ottanta dell'Ottocento, in una data non precisamente individuabile.
Sul lungarno degli Archibusieri il Repertorio delle architetture civili di Firenze- Palazzo Spinelli racconta: "a partire dal 1572, il loggiato del corridore era tornato a popolarsi di botteghe erette tamponando il loggiato stesso (di modo che la strada manteneva il carattere di via e non di lungarno), evidentemente con una prevalenza di laboratori per la produzione di armi da fuoco e quindi di archibusi: dopo aver per breve tempo assunto il nome di via de' Castellani (per le vicine proprietà di questa famiglia) la strada assunse quindi quello di via degli Archibusieri."
Nella pagina Facebook ho riportato anche altre citazioni e alcune foto del lungarno con le arcate tamponate.
Se vuoi, inserisco le foto nella prossima newsletter. Basta che tu me lo chieda.
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Non c'entra con Firenze Capitale ma forse ti può essere utile |
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Bonus: come mi segno le note |
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Purtroppo, ho una pessima memoria, quindi mi è difficile ricordare con precisione dove ho letto una informazione che mi potrebbe servire e, anche se posso avere idea del libro in cui si trova, non è semplice rintracciare velocemente il punto che vorrei citare. Da alcuni anni, ho elaborato questo metodo che condivido e forse potrai trovare utile. Un tempo, soprattutto nei saggi, sottolineavo le parti che mi parevano interessanti, ma quel modo di procedere non risolveva tutti i miei problemi. Adesso, ogni volta che leggo un libro da cui potrei trarre materiale in seguito, prendo un foglio A4 e lo ripiego a metà, formando così un opuscoletto di quattro pagine, dalle dimensioni che entrano in quasi tutti i volumi. Poi, quando leggo un episodio o una notizia interessante, segno sul foglio il numero di pagina e poche parole per ricordarmi il concetto. Come esempio, tratto da Firenze sotterranea, vedi la foto all'inizio di questo paragrafo. L'opuscoletto, lo lascio dentro al libro. Così facendo, quando in seguito, mesi o anni dopo, riprendo in mano un libro perché mi viene in mente che forse contiene una notizia che mi interessava, mi basta sfogliare quelle poche paginette di appunti per avere conferma che il brano che cercavo è in quell'opera e per individuare subito la pagina dove andare a rileggerlo. Adesso che è diventato facile dettare nel cellulare appunti che vengono convertiti in testo, talvolta durante la lettura detto le mie note e creo così un file di testo. Dopodiché, lo salvo nella mia cartella su Firenze Capitale dove, in qualsiasi momento, posso andare a fare ricerche veloci nelle varie schede di libri salvate e individuare rapidamente dove posso andare a ripescare il brano. Quando scrivo storie, questo è molto utile perché se devo inserire in una scena un momento di "colore" o arricchire con particolari storici un aneddoto a cui mi sto ispirando ma che non ricordo esattamente, non devo fermarmi per andare a rileggere la fonte, ma posso continuare a scrivere la trama senza interrompermi, limitandomi a inserire nel testo una nota interna su dove andare in seguito a fare approfondimenti che mi serviranno per completare la scena. La scheda digitale del libro, la stampo anche nel solito A4 che inserisco nel volume, così posso accedere ai miei appunti alla vecchia maniera, senza bisogno del computer.
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Grazie per il tempo che hai dedicato a questa lettura. Spero che la newsletter ti sia piaciuta.
Se mi fai sapere che ne pensi, te ne sarò grato. Ogni suggerimento per migliorare mi aiuterà moltissimo.
A presto!
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Chi sono |
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Sergio Calamandrei: vivo a Firenze, dove pratico il prosaico mestiere di commercialista. Mi appassionano scrittura, storia e letteratura.
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